Donne sconosciute

Una fosca nebbia avvolge un giallo tuttora irrisolto avvenuto in passato a Isola della Scala. Si tratta di un efferato omicidio di due donne di cui mai si è conosciuta l’identità loro né tantomeno dei loro carnefici.


Settembre del 1972


Era il 27 settembre del 1972 verso le 14.00 quando un ufficiale dell’Aeronautica di stanza a Villafranca di Verona, viaggiando in auto proveniente da Verona lungo la Statale 12 dell’Abetone e del Brennero assieme alla sua famiglia, si fermava a qualche chilometro dal centro di Isola della Scala in località San Giorgio. Percorrendo a piedi alcune centinaia di metri lungo la strada di campagna scorse un fagotto in uno dei fossi laterali parzialmente emerso per il basso livello dell’acqua; poco dopo si rese conto, dal forte odore che emanava, che all’interno vi era un cadavere. Si diresse, pertanto, presso la locale caserma dei Carabinieri che, intervenuti, recuperarono il fagotto facendo la macabra scoperta: all’interno vi era il corpo nudo di una donna privo della testa.

Località San Giorgio di Isola della Scala, con al centro il piccolo oratorio; lungo uno dei fossati laterali fu rinvenuto il corpo della donna decapitata.


La notizia fece subito il giro dell’Italia e già dal giorno seguente apparve in prima pagina sulle testate giornalistiche nazionali. All’accaduto venne dato ampio risalto anche perchè il ritrovamento del corpo senza testa di Isola della Scala non fu il solo, il giorno prima, infatti, era stato ritrovato in un fossato asciutto a Paviola, frazione di San Giorgio in Bosco in provincia di Padova nei pressi della Statale della Valsugana, un altro corpo nudo di donna anch’esso privo della testa. La distanza tra le due località è di 97 chilometri. La paura che un mostro si aggirasse per le campagne venete iniziò a dilagare.
Polizia e Carabinieri delle due provincie lavorarono assieme per trovare dei punti di contatto tra i due corpi che erano stati rinvenuti.

Mappa apparsa su uno dei quotidiani dell’epoca.


Il corpo di Paviola era avvolto in un copriletto rossastro a frange, inserito in un ampio foglio di nylon che presentava la scritta “Latte in polvere non per uso alimentare” a sua volta infilato in due sacchi di juta.
Dall’autopsia sulla donna di Padova risultò che fosse minuta e affetta da sindrome di Down, che non avesse mai avuto rapporti sessuali, ben tenuta e che non avesse mai svolto lavori pesanti; questi dati fecero venire meno il movente del regolamento di conti o un legame con gli ambienti legati al mondo della prostituzione. Si escluse anche che fosse una rom, in quanto non era abitudine per questa etnia decapitare le persone. Il taglio della testa era avvenuto in modo grossolano con svariati colpi di accetta o di grosso coltello. I dati diffusi dagli inquirenti furono i seguenti:

1) Età tra i 40 e i 50 anni
2) Altezza, priva di testa, 117 cm
3) Altezza integrale 150 cm circa
4) Presenza sul braccio destro di due piccole cicatrici
5) Mani piccole e ingentilite, piedi piccoli
6) Capelli bruno castani
7) Carnagione pallida
8) Data della morte circa 20 giorni prima del ritrovamento (primi giorni di settembre)

La decapitata veronese era invece avvolta in un telo simile a quello dei materassi a strisce, cucito ai bordi, avvolta in un foglio di nylon e infilata in un sacco di juta annodato all’imboccatura; ulteriormente sistemata in un altro sacco a maglie larghe del tipo usato per i carichi di patate. Un fazzoletto tamponava il collo.
La donna aveva le braccia in grembo e le gambe ripiegate all’indietro, in modo da recuperare spazio nel fagotto che la conteneva; si trovava in avanzato stato di saponificazione dovuto a una lunga permanenza in acqua corrente fredda o in terreni molto umidi con scarsa ventilazione. Subito dopo il ritrovamento il corpo venne portato presso il cimitero di Isola della Scala e ricomposto per un primo esame. I dati che furono divulgati dopo l’autopsia del 29 settembre furono i seguenti:

1) Età tra i 35 e i 45 anni
2) Altezza, priva di testa, 138 cm
3) Altezza integrale 160 cm circa
4) Lunghezza piedi 21 cm, ipotesi di misura scarpe 36
5) Corpo fluido, pelle vellutata
6) Gambe ben modellate
7) Carnagione un po’ scura
8) Unghie delle mani e dei piedi laccate di rosso
9) Nessun segno di precedente violenza
10) Aveva subito intervento di appendicite
11) Aveva avuto precedenti rapporti sessuali e poteva essere stata madre
12) Data della morte circa 40 giorni prima del ritrovamento (metà agosto 1972)

Foto tratta dai giornali dell’epoca che ritrae il sopralluogo degli investigatori sul luogo del ritrovamento del corpo a Isola della Scala.

Nei giorni seguenti gli inquirenti passarono al setaccio tutte le segnalazioni di persone scomparse, ma nessuna era riconducibile alle due donne ritrovate.

Impressionanti erano le analogie tra le due vittime: i corpi si trovavano in avanzato stato di decomposizione, non presentavano segni di collutazione e questo fece ipotizzare chefo ssero state narcotizzate per poi essere decapitate, furono uccise in luoghi diversi dal sito di ritrovamento per poi essere gettate ai margini di strade trafficate, entrambe le vittime furono state “impacchettate” con medesime modalità, i corpi furono privati di qualsivoglia elemento di riconoscimento (documenti, anelli, collane, orologi, etc.), furono state completamente denudate e le località di ritrovamento si chiamano entrambe San Giorgio.

A Isola della Scala si impiegarono anche i cani del Centro Cinofilo dei carabinieri di Torreglia che setacciarono tutta l’area circostante il rinvenimento del corpo. Il luogo era disseminato di rifiuti e per questo vennero ritrovati molti indumenti, ma nessuno riconducibile né alla vittima né al suo carnefice. Inoltre, risultò poco probabile che il lucido assassino avesse denudato la vittima per non lasciare modo di identificarla e poi avesse gettato nelle vicinanze gli abiti.
Il 30 settembre nel fiume Tione a Villimpenta (MN) venne trovata una testa, sul posto si recò il capitano Janniello del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Verona che stavano seguendo le indagini sull’omicidio di Isola della Scala; il teschio si rivelò essere quello di un soldato tedesco morto durante la seconda guerra mondiale.

Per l’efferatezza delle mutilazioni inferte alle due donne si ipotizzò che l’omicida potesse essere tedesco o inglese; delitti analoghi, infatti, sarebbero stati compiuti negli stessi tempi sia in Germania che in Gran Bretagna. Ipotesi suffragata dal fatto che vicino al luogo del ritrovamento a Isola della Scala venne rinvenuto un giornale tedesco che potrebbe essere stato nel bagagliaio dell’omicida.
Per questo anche l’Interpol fu coinvolta nelle indagini; le ricerche si estesero alle persone scomparse in Gran Bretagna, Francia, Austria e Germania. Il periodo del ritrovamento coincideva con il rientro dalle ferie estive e i luoghi di occultamento erano i cigli di strade trafficate; pertanto, gli inquirenti non esclusero che potesse trattarsi di un turista di passaggio in Veneto al rientro dalle vacanze. Non si escluse nemmeno che l’assassino disponesse di una roulotte, che gli avrebbe permesso di straziare i corpi senza essere visto e di trasportarli agevolmente in un secondo momento.
Il questore Dott. Chiodi, dirigente della Criminalpol del Veneto in un’intervista sottolineò che l’assassino tentò di compiere il delitto perfetto, mettendo in atto tutto il possibile per occultare l’identità delle due donne, gliendo i vestiti e ogni oggetto che indossavano, lavando accuratamente i corpi e legando diligentemente i sacchi contenenti i cadaveri con dello spago. Lo spago sembrava avere le stesse caratteristiche, sarebbe potuto appartenere allo stesso gomitolo.
Della donna di Padova si riescì a recuperare le impronte digitali che non risultarono presenti nello schedario centrale di Roma, per questo vennero trasmesse alla polizia inglese, tedesca, austriaca, francese e svizzera. Intanto alla Criminalpol di Padova arrivarono i nomi di trecento donne sparite negli ultimi mesi; quaranta presentavano un’analogia con la donna di Padova. Per la vittima veronese l’avanzato stato di decomposizione non permetteva il rilevamento delle impronte digitali.

Tra le varie ipotesi gli inquirenti avanzarono anche quella che le due donne potessero essere parenti o quantomeno conoscenti; ricordiamoci che siamo nel 1972, l’analisi del DNA non era ancora perfezionata e il suo primo utilizzo in un’inchiesta avverrà solo nel 1987. A quei tempi uno dei risultati che si sarebbe potuto ottenere sarebbe stato il gruppo sanguigno.
Nei giorni seguenti le indagini si spostarono in Trentino, il fatto che le due donne siano state decapitate con un’accetta indusse a ipotizzare che potesse trattarsi di un boscaiolo; si perlustrarono i masi della Valle dei Mocheni e dell’altopiano di Lavarone, ma senza alcun risultato.
La donna ritrovata a Isola della Scala fu inumata nel cimitero cittadino alcune settimane dopo; sulla tomba, realizzata a spese del Comune, la lapide riportava “Donna Sconosciuta – m. 1972”.

Tomba della donna ritrovata morta nel 1972


La stampa diede notizie relative alla vicenda fino a metà ottobre del 1972, poi la vicenda cadde nell’oblio, a dimostrazione che gli inquirenti brancolavano nel buio. Il 20 marzo 1973 il Sostituto Procuratore della Repubblica di Verona archiviò il caso di Isola della Scala per risultare ignoti gli autori del reato e la vittima non identificata.


Luglio del 1973

Il caso tornò agli onori della cronaca il 31 luglio del 1973 quando sulle sabbie di un isolotto formatosi per il basso livello dell’Adige in località San Procolo nel Comune di Zevio (20 chilometri circa da Isola della Scala) venne rinvenuta alle 15.10 da alcuni ragazzi una testa mozzata.

Foto dei giornali dell’epoca, gli investigatori si stanno recando sul luogo del ritrovamento della testa.

La testa, che si trovava in avanzato stato di decomposizione con qualche brandello di carne e qualche ciuffo di capelli, fu affidata dal Sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Dario Curtarello al professor Querci, direttore dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Verona. Al professore l’onere di stabilire se il taglio della vertebra cervicale combaciasse con il corpo di una delle due donne trovate decapitate nel settembre del 1972. Il Sostituto Procuratore attese notizie più precise prima di riaprire le indagini.
Tre erano i punti che escludevano che la testa ritrovata fosse della donna ritrovata a Padova:

1) da Zevio a Isola della Scala vi sono solo 20 chilometri mentre sono circa 80 da Paviola;

2) il corpo ritrovato a Isola della Scala presentava un taglio netto sul collo dal quale mancava la prima vertebra che risultava invece attaccata alla testa ritrovata a Zevio;

3) l’età attribuita al soggetto della testa ritrovata era di circa 30 anni, età plausibile con la donna di Isola della Scala.

Si accertò che la testa presentava a destra e a sinistra, all’altezza delle tempie, due fori provocati da un colpo di arma da fuoco. Il medico legale, alla domanda di un giornalista se la testa fosse riconducibile alla decapitata di Isola della Scala, rispose: “Con assoluta certezza no, ma con notevole probabilità”.


Aprile del 1975


Il caso tornò nell’oblio fino all’11 aprile del 1975 quando il quotidiano l’Arena titolò un articolo “Forse identificate le decapitate”.
A Sanremo si identificò un falegname che viveva con una signora di origine slava, tale Gabriella Sorak in Marcon, e una sua amica polacca “deforme” di cui si prendeva cura che risultavano scomparse nel 1972; al momento della scomparsa Gabriella Sorak avrebbe avuto 47 anni, età compatibile con la sconosciuta di Isola della Scala.
Appare utile ricostruire la storia della donna. Gabriella Sorak si sposò con il signor Marcon a Treviso e, verso la fine della guerra, il 14 luglio 1946 dalla loro unione nacque Amelia Teresa. Il signor Marcon pochi anni dopo si trasferì in Belgio, dove si unì a un’altra donna dalla quale ebbe sette figli. Gabriella Sorak con la figlia Amelia si trasferiscono invece a Sanremo per rifarsi una vita. Amelia lasciò la madre nel 1969 a causa di dissapori tra di loro e si trasferì anche lei in Belgio dove conobbe Umberto Manenti con il quale si sposò; successivamente si trasferirono nel bergamasco. Subito dopo essere rientrata in Italia, cercò di contattare la madre Gabriella, ma senza esito. Appreso della donna sconosciuta di Isola della Scala, si recò a Verona dove, accompagnata all’Istituto di Medicina Legale, non ebbe alcun dubbio nel riconoscere nella decapitata sua madre; ne conseguiva che la donna del padovano potesse essere la signora di cui sua madre si prendeva cura.
Provando a mettere assieme tutti i tasselli del mosaico, ipotizzando inoltre che la decapitata di Isola della Scala fosse effettivamente Gabriella Sorak e che la testa ritrovata a Zevio fosse la sua, la vicenda si delineerebbe come segue: nel 1972 Gabriella Sorak aveva 47 anni e si stava prendendo cura di un’amica “deforme” più anziana; questo coinciderebbe con l’età presunta della donna di Isola della Scala e con il fatto che la donna ritrovata a Paviola fosse più anziana e affetta da qualche malformazione.
Si potrebbe pensare anche che gli omicidi fossero scaturiti a seguito di un diverbio tra le due donne e il falegname con cui convivevano; Gabriella Sorak sarebbe stata uccisa per prima; l’amica sarebbe stata uccisa dieci – quindici giorni dopo (come confermato dalle autopsie).
Il falegname avrebbe narcotizzato le due donne per poi ucciderle con un colpo di pistola alla tempia; questo giustificherebbe l’assenza di segni di colluttazione sui corpi. A questo punto l’assassino avrebbe tagliato la testa a Gabriella Sorak con un colpo secco d’accetta e con più colpi all’amica; questo confermerebbe l’ipotesi che l’assassino fosse un boscaiolo o comunque una persona che sapeva maneggiare con una certa dimestichezza un’accetta o un grosso coltello. Avrebbe lasciato dissanguare completamente i corpi e, per evitare il loro riconoscimento, avrebbe denudato le donne togliendo qualsiasi oggetto, per poi lavarle approfonditamente tamponando il collo con un fazzoletto; questo macabro rituale sarebbe avvenuto tra le mura domestiche e darebbe conferma del fatto che non vi fossero testimoni. Per agevolare il trasporto, avrebbe avvolto i corpi con vari teli e utilizzato dello spago per legarli; questo giustificherebbe le analogie dei sacchi che contenevano i corpi e confermerebbe che lo spago utilizzato fosse dello stesso gomitolo. Al fine di depistare le indagini, avrebbe caricato in auto i corpi percorrendo 500 km fino in Veneto e, con il favore delle tenebre, avrebbe occultato la prima donna nel fossato di Isola della Scala (VR) per poi proseguire per ulteriori 100 km al fine di occultare la seconda donna a Paviola (PD). L’assassino avrebbe potuto gettare entrambe le teste nell’Adige durante il tragitto da Isola della Scala a Paviola dopo le dighe a sbarramento che sono presenti nel comune di Verona, le quali avrebbero impedito di far rotolare i crani fino a Zevio; in questo caso il fiume Adige custodirebbe ancora il teschio dell’amica che non fu mai ritrovato.

Ipotetico percorso in auto dell’assassino.


La vicenda, così raccontata, sembrerebbe avere un filo logico, tuttavia i dubbi che permangono sono molti.
In primis perché Amelia (figlia di Antonella Sorak) si presenta a Verona a quasi tre anni dal ritrovamento della donna di Isola della Scala?
Gli investigatori di Sanremo, inoltre, alla luce della scomparsa delle due donne, hanno interrogato il falegname che avrebbe confermato di avervi convissuto per anni, aggiungendo che le due donne sarebbero partite nell’estate del 1972; gli inquirenti non avrebbero, però, rinvenuto indizi utili a un’eventuale sua incriminazione.
Ulteriore elemento di dubbio è che gli inquirenti avevano trovato anche un documento di espatrio in Portogallo di Gabriella Sorak risalente al 1972.
Da ultimo, gli elementi che emergono dal riconoscimento effettuato a Verona da Amelia non sono stati considerati sufficienti dagli inquirenti per attribuire oltre ogni ragionevole dubbio che il corpo fosse effettivamente della madre; si è ritenuto che le probabilità che la donna sconosciuta di Isola della Scala fosse lei si attestino all’80%.


Settembre del 1979

Di questa triste vicenda non si parlò più fino al 21 settembre 1979 quando in località Falceri (o Falzeri) di Isola della Scala fu trovato in un canale laterale, fosso Paduanello, il corpo senza vita di un’altra ragazza.

Luoghi di ritrovamenti dei due cadaveri a Isola della Scala.


La località del ritrovamento si trova ad alcune centinaia di metri dal punto in cui venne rinvenuta nel 1972 la donna decapitata; questo nuovo efferato omicidio riportò alla memoria degli isolani i tragici fatti del 1972, anche se non fu mai stato dimostrato un collegamento. Il corpo era quello di una ragazza di circa 20/30 anni, la cui morte venne fatta risalire a 3 o 4 mesi prima. Il cadavere fu ritrovato alle ore 9.00 dal capostazione dell’allora fermata intermedia “Caselle” dell’accelerato della linea Verona-Bologna.

Strada che conduce in località Falzeri (o Falceri); in un fossato laterale verrà rinvenuto il corpo senza vita della ragazza.

Dall’esame autoptico risultò trattarsi di una ragazza dalla corporatura snella con seno abbondante, protesi dentarie con capsule d’oro; il corpo era straziato probabilmente perché in parte divorato da qualche animale. Risultava, infatti, privo della mano destra, dell’avambraccio sinistro, di quasi tutto il piede sinistro e delle dita del piede destro. I capelli dovevano essere di color castano o biondo scuro. La morte avvenne con due colpi di pistola, uno al cuore e uno al fianco sinistro. La camicia recava un’etichetta recante la taglia in unità tedesche, elemento che fece ipotizzare che provenisse dalla Germania.
La ragazza non fu mai stata riconosciuta e fu seppellita, a spese del Comune, presso il cimitero di Isola della Scala; sulla tomba, visibile fino al 2021, una semplice lapide in marmo recava la scritta “DONNA SCONOSCIUTA – 1979”.

Tomba della donna sconosciuta ritrovata nel 1979.

2025…

A seguito di recenti sistemazioni del cimitero, le due tombe sono state spostate; quello della donna sconosciuta del 1972 è stata riposizionata a pochi metri, mentre le spoglie mortali della donna sconosciuta del 1979 sono state trasferite nell’ossario.
Un ulteriore mistero avvolge le tombe di queste due donne sconosciute, sopra di esse sono sempre stati deposti fiori da qualche anima pietosa. Inoltre, in fase di spostamento della tomba della donna morta nel 1972 è stata realizzata una copertura in marmo più dignitosa, in sostituzione di quella che all’epoca della sepoltura aveva realizzato in economia a proprie spese il Comune.

Nuova tomba della donna sconosciuta del 1972.


Sono oltre cinquant’anni che qualcuno si sta prendendo cura dei resti mortali di queste povere sventurate; si tratta di pietà popolare oppure vi è qualche legame tra chi si prende cura della sepoltura e le defunte? Nonostante siano passati tanti anni nessuno ha mai visto chi è la persona che si prende cura di queste tombe.