Teatro Sociale

Data di apertura: 1811
Ubicazione: via del Teatro (ora via Cesare Battisti)
Progettista: Ing. Giuseppe Erbesato
Restauri: 1918 (ampliamento), 1921 (ultima fila di palchetti ridotta a loggione, rinnovata la decorazione a opera di Adelino Quinto)

Isola della Scala ebbe il suo teatro nel 1811, in epoca napoleonica per iniziativa di una società di palchettisti. Renato Arrigoni (1840) ci dà notizia dei rifacimenti del 1818 durante i quali furono probabilmente introdotti o aumentati di numero i palchi. Luigi Sormani Moretti (1904) oltre alla data di apertura e al numero iniziale dei palchi ci fornisce poche indicazioni relative all’assetto della scala. Come in tutti i centri di provincia il teatro, che continuò a funzionare anche dopo la prima guerra mondiale, non aveva una destinazione precisa e vi furono rappresentate sia commedie che opere. Presso la Biblioteca Civica di Verona esistono due libretti stampati espressamente per il Teatro Sociale di Isola della Scala: Il Furioso dell’Isola di San Domingo di Donizetti (1842) e La testa di bronzo di Vincenzo Mela, nativo del luogo. Ad oggi dove un tempo vi era il teatro c’è un pubblico esercizio.


Iscrizione presente all’interno dello stabile.

PIANTA E SEZIONE LUNGITUDINALE (ricostruzione)

Dimensioni platea: lunghezza 8,5 metri; larghezza 7 metri
Boccadopera: larghezza 7 metri; altezza 6 metri
Palcoscenico: 7 metri, profondità 10 metri, altezza 10 metri
Numero posti: originariamente 300; dopo il 1922 portati a 350


Riportiamo il repertorio della compagnia teatrale La Drammatica Compagnia Sociale che si esibì ad Isola della Scala e la locandina del dramma Fedora:


Riportiamo di seguito l’articolo apparso sul numero 81 del giornale “La Fama del 1850 – Rassegna di scienze, lettere, arti, industria e teatri” pubblicato il 17 ottobre 1850. L’articolo descrive la serata operistica di riapertura, dopo un periodo di chiusura, del Teatro Sociale di Isola della Scala. I prestigiosi nomi degli artisti che si esibirono raccontano di un teatro che sebbene di un paese di provincia godeva di notevole prestigio.

Isola della Scala, 11 Ottobre 1850. Dopo qualche anno di necessitato silenzio, col 28 dello scorso settembre veniva riaperto questo Sociale Teatro col Nabucco del Verdi, destinandosi per secondo spartito il Marin Faliero del Donizetti. – L’impresa era assunta da alcuni benemeriti signori del paese, i quali non potrebbero mai essere abbastanza encomiati per le cure che si diedero, onde, senza limite alla spesa, lo spettacolo teatrale tornasse grandioso e gradito; e ne avean ben d’onde. Il bravo zelantissimo artista baritono Vincenzo Mela, nostro compatriota, aveva associato a sé pel divisato scorso di opere il tenero suo amico, esimio basso-profondo Luciano Caliari, il quale, cortese com’è, volle gratuitamente prestarsi. Provveduto così il teatro di si distinti soggetti, era ben ragionevole che ad essi venisse pure associata una prima donna di pari merito. E fu invero somma e non isperata ventura, che la egregia signora Luigia Ponti acconsentisse alle inchieste del nostro Mela, e benché avviata pel cammino di alti teatrali destini si compiacesse, senza scopo di sua utilità, di prodursi sulle scene del teatro d’un paese. A completare la compagnia pegli accennati spartiti concorreva pure gratuita pel suo primo esordire Giuseppina Storti di Mantova, e nel restante venivano scritturati a primo tenore il signor Galletti, a seconda il signor Benfatti, la signora Goutier a seconda donna, il signor Schiavi a secondo basso. Scritturavasi pure il maestro e direttore de’ cori di Mantova signor Bergami con tre de’ suoi allievi, mentre il rimanente dei coristi si completava con individui del luogo opportunamente istruiti dalle indefesse cure del benemerito nostro signor Mela in grado eminente, caldo e pieno di patrio amore. – La privata impresa commetteva i vestiari al signor Rovaglia di Milano, che li forniva veramente magnifici; il resto delle decorazioni ai signori Molin e Zanini, attrezzisti di Verona, ed affidava poi la dipintura delle scene al valente signor Ceccato, scenografo del Filarmonico di detta città. La presidenza faceva anch’essa riabbellire in ogni parte il teatro, perchè il tutto tornasse corrispondente e degno dell’avventurosa circostanza. L’orchestra, a riserva del violino alla spalla, di un contrabbasso e un primo fagotto, si componeva dagli allievi della locale scuola di musica da soli tre anni istituita, i quali in sì breve periodo di tempo fecero un progresso incredibile per lo zelo e le cure prodigate dall’encomiato nostro signor Mela. Il Foglio di Verona diede in un suo articolo i ragguagli sull’esito della apertura, ma se quella sera il teatro echeggiò di applausi e di evviva, nel succedere delle produzioni quegli evviva e quegli applausi si cangiarono in un vero entusiasmo, mentre l’andamento dell’opera fu felice così da strappare anche ai meno animati, fra il copioso numero di spettatori che accorsero dal luogo, dalla città e dai vicini paesi, le acclamazioni, i battimani più rumorosi e le ripetute chiamate al proscenio. Tutto corrisponde a meraviglia; ma la estesa, intonata, agilissima ed energica voce della signora Ponti, la robusta e sonora del Caliari, quella omogenea e pastosa del Mela, accoppiate nelle rispettive azioni e a dignitosi e ben ragionati movimenti, convertono, convien pur dirlo, lo spettacolo in un vero teatrale trionfo. In somma, è a tale la cosa, che non la si finirebbe mai più, sicché meglio è non dir più oltre, giacché il dir molto sempre poco sarebbe al vero. Non deve per altro tacersi come gli artisti tutti nel pieno corrispondano a meraviglia per la felice riuscita, e come il pittore signor Cercato fosse applaudito, e ripetute volte chiamato per la bella invenzione e dipintura delle commessegli scene.
Veniva la sera del 10 corrente dedicata esclusivamente dall’impresa alla egregia signora Ponti. Forestieri in numerosa comitiva, e ben anche personaggi distinti da ogni dove arrivavano, e già alle ore sei la platea era interamente occupata. Alle sette e mezzo però in cui alzar doveasi la tela, il teatro, splendidamente illuminato a giorno, era talmente stipato dalla calca degli accorsi, da offrire un vero colpo di scena, massime volgendo lo sguardo ai palchetti, che riboccavano di gentili ed eleganti signore, in varie fogge graziosamente adornate; avvegnaché dalla innata cortesia dei proprietarj venivano tutti posti ad esclusiva disposizione del sesso gentile. Alla sinfonia spontanei e strepitosi applausi, nel corso di tutta l’opera poi un furore di viva; né saprebbesi certamente particolarizzare ove fosse venuto più ove meno il destatosi entusiasmo, mentre sembrava che fosse nata una nobile gara fra gli esimj artisti e gli spettatori, i primi per istrappare, i secondi per profondere i meritati applausi sino al segno di interrompere tratto tratto la continuazione dei pezzi musicali. – Dopo l’aria “Anch’io dischiusi un giorno” mirabilmente eseguita dalla signora Ponti, a falde cadeano le volanti colorate pagine a composizioni poetiche stampate, e nel fragor degli applausi e degli evviva il palcoscenico ingombravasi di vario-pinte corone, di grandi e piccoli mazzi di fiori, che a profusione per ogni dove dai palchi gettavansi. Non era men dilettevole il vedersi in mezzo a tutto ciò copioso numero di differenti uccelletti ornali con scrici nastri a varie tinte ovunque svolazzare, e volle perfino il caso che uno di essi portasse, quasi a bello studio ammaestrato, il bianco nastro che gli era appeso con motto elegante scrittovi alla esimia artista, talché potè di per sé stessa rendersene padrona. – Il duetto buffo “Vi piaccio o non vi piaccio” appositamente scritto dal maestro Lauro Rossi per la nostra artista che lo eseguì col signor Mela, piacque oltremodo, e ben gli artisti diedero chiaramente a conoscere cha anche in tal genere sono sempre gli stessi. Fu però vero sconforto per essi non aver potuto accondiscendere alle incessanti clamorose chiamate del bis, poiché molto aveano faticato e molto restava ancor loro da faticare. A scemare però tanta letizia dovea pur concorrere con qualche inconveniente. La signora Ponti regalava in questa sera il terzetto nel finale dell’Ernani. Elegantissimi analoghi vestiti avea espressamente richiamati dal signor Rovaglia; ma il tenore Galletti, già mal disposto per leggiera alterazione alle fauci, in causa forse di un eccessivo calore destatosi dalla moltitudine, perdette quasi ad un tratto per intero la voce. Il pubblico però non venne defraudato, ma ad onta degli sforzi del Galletti l’esito non potè, né certo corrisponder poteva. Ben la signora Ponti fece conoscere in quella sentimentale azione la squisitezza del suo sentire, com’anche il signor Caliari, che nell’inflessibilità del Silva contro i due sventurati amanti sostenne il carattere per modo da destare per fino la avversione nei riguardanti. Ci resta lusinga per altro che in altra sera si sarà dato di poter gustare questo inispirato sublime pezzo del Verdi, e che il Galletti, riavutosi dalla indisposizione, sarà per cogliere anche in esso quegli applausi che nel resto dello spettacolo meritamente gli furono tributati. Speriamo che la relazione dei risultamenti del Teatro di un paese non sarà per venir proverbiata, o presa forse a ridicolo dalla mordacità degli invidiosi; ma se mai ciò fosse per essere, poniamo fin d’ora in avviso chi ne avesse il mal talento che la relazione non è punto esagerata come pronunziò l’intelligente pubblico accorso, e sappia che anche in una ristretta società si possono avere di simili spettacoli, quando il genio e la volontà vi concorrano, tale in fatto essendo la cosa che in questo autunno, per p articolarità di circostanze, si godè qui di un corso di opere, che ben di rado anche in una città di provincia potrebbe venir combinato l’eguale.


La presente scheda a è stata redatta avvalendosi delle seguenti fonti: AA.VV., “I Teatri del Veneto, Verona, Vicenza, Belluno, e il loro Territorio”, Regione del Veneto, Venezia 1985, pag.161.

Le dimensioni del teatro che riportiamo sono state fornite da S. Ambrosi, R. Marangoni, P. Taracco e F. Zuccati, che per la loro tesi di laurea (Un teatro a Montagnana, Istituto di Architettura di Venezia, 1983) hanno effettuato il rilievo del locale.

Il repertorio e la locandina della Drammatica Compagnia Sociale ci sono state gentilmente fornite dall’Avv. Cav. Giannantonio Danieli.