Don Antonio Adami

a cura di Filippo Bonfante

Queste note sulla vita di Don Antonio Adami apparvero sulla “Voce del Basso Veronese” del 4 ottobre 1984, e furono scritte dal compianto professor Mario Modena. Nell’attesa di ospitare in questa rubrica un profilo di quest’altro nostro stimato e apprezzato concittadino, scomparso pochi mesi fa, ospitiamo volentieri questo suo contributo alla storia del nostro paese.

UN PERSONAGGIO CHE HA ONORATO ISOLA DELLA SCALA

Tra i personaggi che indubbiamente meritano, da parte della cittadinanza isolana, un doveroso e perenne ricordo si annovera senz’altro Don Antonio Adami, nobile e grande figura di sacerdote, di educatore e di cittadino. Terz’ultimo di sette figli nacque a Dolcé il 9 settembre 1881 da modesta famiglia di agricoltori. Dopo le Scuole Elementari, volle proseguire negli studi per poter entrare in Seminario e diventar sacerdote. Le condizioni economiche della famiglia però non glielo permisero per cui dovette prendere privatamente lezioni presso il Parroco di Volargne. Ciò gli costò non poco sacrificio, dovendo ogni giorno percorrere quindici chilometri a piedi. Finalmente poté entrare in Seminario dove si distinse subito tra i compagni per la sua forte intelligenza e non tardò a farsi ben volere anche dai Superiori per il suo costante impegno e serietà. Terminati gli studi teologici, venne consacrato Sacerdote nel 1905 nella Cattedrale di Verona dal Cardinale Bartolomeo Bacilieri, Vescovo allora della Diocesi Veronese. Questo illustre Porporato ebbe in quel periodo una singolare e felice intuizione; imperando a quei tempi un diffuso e malefico anticlericalismo che si manifestava non solo nella vita sociale e politica ma che estendeva pure la sua nefasta influenza nel mondo della cultura e della scuola, mons. Bacilieri ravvisò di far entrare nelle Scuole Elementari il più largo numero possibile di maestri-sacerdoti, scelti fra i migliori, affinché con la loro presenza e col loro insegnamento fossero elementi di istruzione e soprattutto di formazione religiosa alle giovani generazioni. Fu così che parecchie Scuole Elementari delle nostre zone ebbero, quali insegnanti, dei Sacerdoti: a Bovolone troviamo don Zuccolo Palmino (che svolse pure le funzioni di Direttore Didattico) a Pellegri- na don Davide De Marchi e nella frazione dei Vo’ don Pietro Nadali. Così fu anche per don Antonio Adami il quale, conseguito il diploma magistrale, svolse il suo primo incarico, come maestro, dapprima nella Scuola di Pellegrina, per due anni, per passare quindi, nel 1908, a Isola della Scala dove rimase fino alla morte, insegnando per quarant’anni sia come maestro nella Scuola Elementare sia come professore di Religione nelle Scuole di Avviamento Professionale e contemporaneamente collaborando, nel ministero pastorale, con i Sacerdoti della Parrocchia. Queste in breve le sue note biografiche. Uomo colto ed intelligente egli fu non solo un insegnante attento e preparato, sensibile ai problemi della gioventù, ma si occupò pure di questioni e di problemi sociali, allora molto dibattuti. Erano infatti tempi duri e difficili ed egli, tra i più convinti sostenitori del movimento sociale cattolico, fu molto attivo e battagliero sia con la parola che con l’azione. Allo scoppio del primo conflitto mondiale del 15-18, con lo stesso ardore e con vivo spirito patriottico, partecipò, quale cappellano militare, a tutte le operazioni belliche e, fino alla fine, rimase al fianco dei suoi soldati, sostenitore e custode dei valori e degli ideali di Fede e di Patria. La ricorrenza del 4 No- vembre lo vide sempre in prima fila, tra i reduci e combattenti isolani, a sostenere ed esaltare, nella commemorazione ufficiale della storica data, le tradizioni patriottiche e civili dei Paese con la sua vibrante ed incisiva parola. Sì, perché don Adami, oltretutto, fu un valente ed apprezzato oratore. L’ho conosciuto per poco tempo ma ho ancora vivo in me il ricordo dei suoi sermoni e dei suoi commenti al Vangelo, brevi, concisi, ma sempre molto efficaci e densi di dottrina. La messa domenicale delle 9,30, che egli soleva celebrare, era particolarmente mente affollata perché molti volevano ascoltare la sua “predica” dove con la sua parola calda e persuasiva, la sua voce profonda e robusta che non aveva bisogno di microfoni e di altoparlanti che lui, tra l’altro, disdegnava riusciva a conquistare l’assemblea ed a tener viva l’attenzione dei fedeli. Naturalmente però il suo lavoro più prezioso fu quello che egli svolse nella Scuola dove, per usare una frase piuttosto logora, spezzò veramente il pane del sapere ad intere generazioni. Don Adami aveva, del ruolo del maestro, un’alta concezione; considerava l’insegnamento come una vera missione, un impegno nobile e carico di responsabilità. Per questo, con i suoi allievi, era piuttosto esigente e talora anche severo; ma se parecchi di loro ne ricordano i richiami ed anche qualche punizione, tutti non possono che lodarne i preziosi insegnamenti e la profonda educazione da lui ricevuta. Quanti giovani hanno avuto il privilegio di ricevere da don Antonio la prima luce, il primo indirizzo, i primi semi di verità e di bontà, che avrebbero in seguito sviluppato e felicemente maturato nella loro vita! Egli infatti non si limitava a fornir loro i primi rudimenti del sapere, cercava di comprenderne le loro attitudini, di conoscere il loro carattere, la loro mentalità per poterli indirizzare concretamente agli orientamenti del loro avvenire ed alla foro formazione morale, civile e religiosa. Così, con la sua forte ma sempre equilibrata personalità e col suo vivo intuito, don Adami temprò tante giovanili coscienze che egli aveva modo di avvicinare non solo nell’ambito della Scuola ma anche nei vari incontri parrocchiali o nelle adunanze delle Associazioni Cattoliche cui era solito partecipare. Chi ha conosciuto don Antonio sa benissimo come egli sapesse fondere insieme le doti del maestro a quelle dei sacerdote, in ogni settore della sua multiforme attività: tra i giovani nella Scuola, con i bimbi dell’Asilo di cui fu, per ben quattro lustri, solerte e attivo Presidente (al suo nome è intitolata la Scuola Materna parrocchiale); e infine tra gli ammalati dell’Ospedale dove si prodigò a lungo come cappellano. Lo si vedeva passare giornalmente, al mattino presto, con la bicicletta, per recarsi a celebrare la Messa all’Ospedale dove vi ritornava verso sera per visitare i suoi ammalati e per rivolgere loro la sua parola di conforto e di sollievo. A scuola invece soleva andare a piedi; avanzava col suo nero cappello a larga tesa, eretto nella persona e fiero nell’aspetto, impugnando il bastone con cui ritmava il suo passo deciso. Si intratteneva volentieri a conversare con le persone che incontrava, con piacevole bonomia e garbata signorilità, scambiando con loro commenti ed impressioni o porgendo loro il prezioso contributo di un consiglio e di un incoraggiamento. Per queste sue qualità, squisitamente umane, seppur ammantate di una certa apparente riservatezza, per l’equilibrio e la grande generosità dei suo animo, nonché per le sue doti d’intelligenza, fu da tutti largamente stimato e tenuto in grande considerazione. Anche da Padre Bevilacqua, futuro Cardinale, di cui fu compagno di scuola, ricevette manifestazioni di simpatia e di stima. Fu inoltre prezioso collaboratore di Mons. Fontana, indimenticabile abate di Isola della Scala, che ricorreva spesso ai suoi consigli e teneva in gran conto il suo parere. Così trascorse la sua esistenza finché si avvicinò anche per lui il giorno dei triste congedo prima dalla scuola e poi anche dalla vita. Prima però di chiudere la sua giornata terrena ebbe la gioia di festeggiare le sue nozze d’oro sacerdotali. In quell’occasione scrisse quelle memorabili parole: “Fate che nella sera della mia lunga giornata possa riguadagnare il tempo perduto e che il tramonto mi sia augurio e certa speranza di più sereno dì”. Parole profonde, dettate da uno spirito grande e da un animo altamente conscio delle proprie responsabilità ed insieme dei propri limiti, ad esse fa eco il mirabile testamento spirituale che rivela, oltre alla sua grande modestia, una singolare nobiltà d’animo ed una profonda spiritualità. Giunto all’età pensionabile volle rimanere ad Isola della Scala per continuarvi il suo ministero sacerdotale. Ma dopo poco tempo, e precisamente il 15 marzo 1959, in seguito ad un forte attacco influenzale con successive e gravi complicazioni, si spense rapidamente tra il generale rimpianto. Ai suoi funerali vi fu una larga e commossa partecipazione di tutt a la cittadinanza. Alle esequie intervenne pure il Vescovo di Verona, mons. Giuseppe Carraro, che tenne l’orazione funebre mentre il rito venne officiato dall’Abate mons. Fontana. In quella occasione si verificò una singolare coincidenza: mentre la salma di don Adami veniva accompagnata all’estrema dimora e terminava così, con la morte, la sua preziosa opera tra la gente isolana, anche l’abate Fontana chiudeva la sua missione pastorale nella nostra Parrocchia e partiva il giorno dopo per Verona, ultima tappa della sua vita terrena. Scomparivano così due grande figure di sacerdoti, due vite parallele che – come è stato giustamente osservato – svolsero parte dei loro apostolato qui a Isola della Scala, entrambe in una forma molto efficace pur nella diversità dei caratteri e delle attribuzioni. Ora riposano insieme nel cimitero locale, uno accanto all’altro, nella cappella riservata al clero isolano. Sulla tomba di don Antonio Adami fu scritto “SACERDOTE INTEGERRIMO – MAESTRO IMPAREGGIABILE”. Io aggiungerei anche “CITTADINO ESEMPLARE” perché, oltre alla formazione spirituale ed intellettuale del paese, egli lavorò molto per l’elevazione civile e sociale dell’intera popolazione. La bella e simpatica figura di don Antonio Adami resterà viva in tutti coloro che hanno avuto modo di conoscerlo e di apprezzarlo per i suoi insegnamenti e per il suo operoso apostolato. Il ricordo della sua cara immagine e l’esempio delle sue elette virtù siano monito e sprone a quanti hanno scelto il Bene e la Bontà quale scopo e ragione della loro vita.

Mario Modena