Nato a Pellegrina, frazione di Isola della Scala, il 18 giugno 1889, fece i suoi studi superiori a Verona, dove ottenne dapprima il diploma magistrale, che gli consentì di annoverare, fra le molteplici esperienze scolastiche, anche quattro anni di insegnamento nella scuola elementare. Dopo aver frequentato poi il ginnasio e il liceo presso l’Istituto don Mazza, presentatosi come privatista per conseguire la maturità classica, non esibì un programma definito di latino e greco, ma accettò di essere interrogato (e lo fu, con splendidi risultati) su qualunque argomento scelto dalla commissione. Già si manifestava dunque in lui l’amore per la classicità che doveva accompagnarlo per tutta la vita.
Si laureò in lettere a Padova, con una tesi su Lucilio, pubblicata nel 1913 a Treviso. Percorse tutti i gradi della carriera d’insegnante: dalla scuola elementare, come s’è detto, al ginnasio inferiore e poi superiore, e dal 1925 come titolare di latino e greco nei licei, prima al Doria di Genova e poi sino alla fine al Tito Livio di Padova. Nel 1935 conseguì la libera docenza in letteratura latina, ed ebbe nell’Università di Padova prima l’incarico di Letteratura e stilistica latina, poi quello di letteratura cristiana antica e infine quello di grammatica latina. Molte istituzioni culturali ebbero la sua preziosa collaborazione: dal 1934 fu socio della “Accademia umanistica Hungarica”, dal 1937 fece parte dell’Accademia Patavina, nel 1957 entrò nell’Istituto Veneto. Fu inoltre socio ordinario dell’Accademia Virgiliana di Mantova e socio corrispondente dell’Accademia dei Sepolti di Volterra. Nel 1961 ricevette, assieme al cardinale Giulio Bevilacqua e al professor Lionello Rossi, una medaglia d’oro dal Comune di Isola della Scala; nel ’62 fu insignito della commenda al merito della repubblica e nel ’63 della medaglia d’oro per i benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte.
La latinità, dunque, fu il centro dei suoi interessi di studioso, ma fu anche la passione che dominò la sua esistenza. Con la continua, amorevole frequentazione degli autori antichi, egli acquisì una speciale sensibilità, che gli fece esclamare, a proposito di una discussa attribuzione di alcuni scritti al poeta mantovano, e superando d’un balzo le sottili questioni filologiche che pure era lungi dal trascurare: “Qui si sente Virgilio!” Fin da giovane era stato attratto dalla poesia virgiliana, tanto che nel 1918 pubblicò una pregevole traduzione in esametri delle “Bucoliche” che gli meritò, non ancora trentenne, le lodi di autorevoli critici di poesia antica e moderna. Proseguì poi le ricerche su Lucilio, iniziate in occasione della tesi di laurea, curando la prima versione italiana dei Frammenti luciliani, apparsa a Padova nel 1931, e occupandosi in seguito, in vari articoli, di diversi aspetti dell’opera del poeta di Sessa Aurunca. Dedicò poi le sue attenzioni di studioso a Varrone, interessandosi soprattutto alle sue Satire Menippee, a Persio, delle cui Satire fornì una traduzione ritmica e un commento, ancora a Virgilio, intorno alla cui opera produsse parecchi lavori originali, e a tanti altri che si potrebbero nominare. La sua curiosità lo spinse ad interessarsi anche alla produzione latina tardo-medievale e umanistico-rinascimentale. Né i suoi interessi si mantennero entro i confini degli studi accademici. Egli diede anche preziosi contributi alla storia locale e, da suoi conterranei, non possiamo ignorare quello splendido opuscoletto pubblicato nei Quaderni di Vita Veronese, dal titolo “Mitre e corone, dame e cavalieri ad Isola della Scala”, nel quale egli rievoca, in una prosa fluente e ornata, il passaggio di Margherita d’Austria e del suo seguito imperiale nella nostra chiesa abaziale nell’anno 1598, passaggio attestato da una lapide ancor oggi visibile (se pure con fatica…) nella controfacciata della chiesa. Un altro contributo, questa volta alla storia del suo borgo natale, troviamo su un numero del quotidiano “L’Arena” del 1959, nel quale il Bolisani, dopo aver svolto una dotta dissertazione sull’origine della tradizione secondo la quale Pellegrina venera come suo patrono un tal San Pellegrino che, al di fuori di qui, è venerato solo in una chiesa di Roma e in nessun altro posto in Italia, formulava l’auspicio che la festa del santo patrono, che liturgicamente ricorre il 16 maggio e che agli inizi del secolo fu spostata a settembre, venisse riportata a tale data, e che nella chiesa parrocchiale venisse dedicato al santo un altare per poter celebrare in modo degno la ricorrenza del XVII centenario dal martirio, che sarebbe stata il 16 maggio di quello stesso 1959. Oggi, a più di quarant’anni di distanza, spiace dover constatare che gli auspici dell’illustre concittadino non hanno trovato ascolto, dal momento che la sagra della Pellegrina si festeggia sempre nel mese di settembre, e che non risulta vi sia nella chiesa parrocchiale un altare intitolato al santo patrono. Anche in questo caso, evidentemente, vale il detto “nemo propheta in patria”!
Tornando ora ai suoi contributi più propriamente scientifici, per non soffermarci ulteriormente su di un’analisi che rischierebbe di risultare qui eccessivamente specialistica, basti dire che tra volumi, articoli e comunicazioni d’accademia egli mise insieme ben 128 titoli, sette dei quali sono dell’anno stesso della sua morte, quasi che, presentendone l’imminente arrivo, volesse intensificare il ritmo del suo lavoro. Lasciò anche quattro raccolte di versi latini, da lui intitolate “Caeria”, nel significato di “occasionali”, versi di cui diede anche la traduzione italiana, e che furono apprezzati quali “luminosi e suggestivi saggi di un linguaggio divenuto al Bolisani familiare e congeniale, perché scaturito dalla lunga e amorosa consuetudine con la poesia del classici” (Giacomo Pagani, “Poesia latina di oggi: un umanista veronese”, “L’Arena”, 19 febbraio 1958). Furono definiti anche i libri della “patavinitas” di Bolisani, del suo lungo amore per Padova e la sua gente, le sue vie lungo le quali amava passeggiare intrattenendosi con gli amici della sua cerchia, le sue osterie dove sostava volentieri nelle pause degli itinerari pomeridiani.
Se Padova fu la sua seconda patria, non venne mai meno in lui l’attaccamento alla terra d’origine, che amava con spirito veramente virgiliano e nella quale, non appena gli era possibile, godeva recarsi per trascorrere ore di serenità in compagnia di persone semplici dalle quali era tanto benvoluto e stimato, come lo era dai numerosi allievi che lo ebbero maestro per molti anni.
A Padova si spense, all’età di 76 anni, il 26 ottobre 1965, “nel silenzioso lieve transito”, come scrisse il già citato Pagani “che accompagna gli spiriti sereni dalla terra verso il mistero dell’al di là”.
Vorrei concludere queste brevi note con le parole del compianto professor Mario Modena, che del Bolisani tracciò un esauriente profilo in occasione dei festeggiamenti per i quarant’anni dell’Istituto Tecnico a lui intitolato: “Ed anch’io, che ho avuto il privilegio di averlo quale insegnante all’Università e quale Commissario agli esami di Abilitazione per la Lingua Latina, lo ricordo con la sua alta figura, un po’ curva, con la sua voce robusta, col suo buon sorriso ma soprattutto con la limpidezza del suo occhio azzurro di fanciullo, specchio di un’anima pura”.
La presente biografia è stata redatta avvalendosi delle seguenti fonti:
E. Bolisani, “Pellegrina deve onorare il Santo di cui porta il nome”, “L’Arena” (senza data, presumibilmente 1959);
Giacomo Felice Pagani, “Ettore Bolisani”, Estratto da VITA VERONESE – N. 6-7 – Giugno-Luglio 1961, Verona;
Franco Sartori, “Ettore Bolisani (18 giugno 1889 – 26 ottobre 1965)”, Estratto dagli Atti della Accademia Patavina di SS. LL. AA.: Vol. LXXVIII (1965-66), Padova, 1967;
Giacomo Felice Pagani, “Ricordo di Ettore Bolisani”, dalla rivista VITA VERONESE, novembre-dicembre 1965;
Giacomo Felice Pagani, “L’umanesimo di Ettore Bolisani”, dalla rivista PADOVA, dicembre 1965;
Carlo Diano, “Commemorazione del Membro Effettivo prof. Ettore Bolisani”, Estratto dagli Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Anno accademico 1965-66 – Tomo CXXIV – parte generale e Atti ufficiali – adunanza oedinaria del 24 aprile 1966, Venezia, 1966;
Antonio Mantovani, “Ettore Bolisani a 10 anni dalla morte”, dalla rivista VITA VERONESE, luglio 1975;
Mario Modena, “Ettore Bolisani, grande latinista, dà il nome alla scuola”, “La Voce del Basso Veronese”, gennaio/febbraio 2001 – N.1.