Pulpito

Analisi critica a cura di Mons. Fernando Pilli

Il pulpito in legno di noce (nogàra), fatto costruire dall’Abate Silvano Cocconio nel ‘600, si trova a sinistra dell’Altar Maggiore. Un tempo era posizionato sulla parete sinistra a metà Abazia, esattamente sopra la porta che permette di accedere al cortile interno. Dal momento che il legno resisteva al passare del tempo in quanto duro da intagliare e da scolpire, veniva utilizzato nelle sculture a tutto tondo o negli altorilievi delle formelle decorative e agiografiche dell’alta sede per l’oratore. A distanta di 400 anni dalla sua costruzione, questo pulpito è giunto fino ai giorni nostri anche se con offese, guasti e mutilazioni, così che mancano certi simboli per ricostruire i quali occorre aiutarsi con similari raffigurazioni in sintonia e attinenza di argomento, che nel caso specifico sono “la Parola di Dio e le opere di carità cristiana” (come dice San Paolo:”la fede senza le opere è morta”).

Sul pannello centrale è intagliato il martirio del proto martire Santo Stefano, grande predicatore e servitore dei poveri.
In centro, il Santo inginocchiato indossa la dalmatica, ossia l’abito del diacono.
Sulla sinistra il giovane Saul, poi San Paolo, assiste alla lapidazione del Martire, tenendo in mano i mantelli dei lapidatori.



A differenza di quanto suggerisce la tradizione orale, i quattro santi che adornano la bigoncia, ossia il palco del predicatore, non possono essere i quattro principali profeti dell’Antico Testamento, infatti, i riferimenti simbolici scolpiti dagli artigiani del legno dell’epoca certamente non potevano avere questa intenzione.
Inoltre, a partire da Santo Stefano (altorilievo a tutto tondo) si possono agevolmente identificare le altre quattro statuine come rappresentazioni di quattro Santi del Nuovo Testamento di grande levatura, che sono vissuti fino al tempo in cui è stato costruito il pulpito.

San Paolo
San Pietro


La disposizione logica delle statuine vede agli angoli di destra e di sinistra davanti i Soci Fondatori della Chiesa, che vanno di pari passo nelle Feste e che sono gli Apostoli Pietro e Paolo i quali, per vocazione di Cristo Signore, dovevano predicare e fondare il Regno dei cieli sulla terra. Infatti, San Pietro tiene nella mano sinistra il libro della Parola di Dio (Vangelo) e nella mano destra, ora divelta, doveva tenere la chiave o le chiavi.
San Paolo nella sinistra tiene una grande spada, anche questa guastata. Grazie alla presenza della spada, si capisce chiaramente che il suo martirio è avvenuto con la decapitazione nel 65 d.c. sotto Nerone. Essendo San Paolo il Maestro delle Epistole, con la mano destra doveva sostenere il libro o le pergamene delle Lettere indirizzate alle prime Comunità Cristiane o ai vescovi. Dallo sguardo e dalla posizione del braccio, che purtroppo manca, si intuisce che sta leggendo. L’atteggiamento con cui è qui rappresentato il santo è molto simile alla grande pala del Museo dell’Opera del Duomo di Siena, dove il pittore Domenico Beccafumi ha dipinto un grandioso San Paolo in cattedra.

San Rocco
Sant’Antonio


Le altre due statuine, poste in origine alle estremità del pulpito, si riferiscono ad altri due Santi itineranti e operatori di miracoli, vissuti dopo il mille, ossia San Rocco e Sant’Antonio di Padova. Attualmente manca Sant’Antonio, utilizzato per realizzare il piccolo pulpito posto a sinistra dell’Altar Maggiore; inoltre, originariamente sant’Antonio era sul pannello di sinistra del pulpito e San Rocco a destra, ora invece è collocato a sinistra.
San Rocco indossa la mantellina del pellegrino con la conchiglia per bere l’acqua lungo la strada; veste il saio del povero mendicante e viandante, legati alla cintola attraverso un ruvido cordone vi sono piccoli attrezzi per primarie necessità. San Rocco, colpito lui stesso dalla peste, è il santo pellegrino guaritore di tante persone affette da innumerevoli mali. Anche questa statuina è guastata dal momento che manca di entrambi gli avambracci.
Sant’Antonio di Padova, riconoscibile dal saio francescano, è un santo camminatore predicatore e taumaturgo, con la mano destra porta l’ampolla contenente la reliquia della sua lingua incorrotta. Fu San Bonaventura, Primo Ministro Generale dei Frati Francescani, a constatare il perfetto stato della lingua durante la prima ricognizione del corpo del Santo, avvenuta pochi anni dopo la sua morte. Con la mano sinistra, appoggiata sul fianco, Sant’Antonio regge il messale o il suo celebre quaresimale, sul quale doveva poggiare la statuetta del Bambin Gesù ora divelta. La originaria presenza del Bambino spiegherebbe lo sguardo rivolto a mezz’aria di Sant’Antonio, visione avvenuta negli ultimi giorni della sua vita e da sempre documentata nella Chiesa di S. Antonio a Camposampiero (PD).


In cima al pulpito è riprodotto lo stemma comunale, le tre tife emergenti dalle acque.

Sullo schienale sono intagliate le insegne abaziali: Mitria e Pastorale.