Isola della Scala “storia antica”

di Benedetta Rossignoli

Il corso del Fiume Tartaro

Isola della Scala porta un nome a dir poco ‘parlante’ della sua più antica storia. Se, infatti, in età romana e medievale esso significa ‘isola del fango’ per la presenza di ampi spazi paludosi, in età più antica, ossia al tempo dei commerci greci in alto-Adriatico, un nome del genere poteva senz’altro alludere al traffico della pece. Questa merce, importantissima per la fabbricazione delle imbarcazioni, giungeva dalle foreste del nord-Europa e approdava lungo una via carovaniera che transitava, nel suo tratto padano, proprio da Isola della Scala, in direzione degli empori greco-indigeni alle foci dell’Adige e del Po. Un vero e proprio businness, dunque, univa il nord-Europa all’arco lagunare: si trasportavano anche ambra, legname, oro e quant’altro il clima freddo e umido del Baltico produceva in qualità superiore. E’ sorprendente che tutto ciò passasse per un piccolo centro come Isola della Scala, privilegiato per la sua posizione geografica in asse con il corso delle tre direttrici fluviali della pianura Padana, ossia con l’Adige, il Po e il Mincio, ed equidistante da altri piccoli centri che svolgevano una funzione analoga. Ma Isola della Scala ha qualcosa di più. E’ attraversata dal Tartaro; il quale conserva memoria del nome di un antichissimo fiume del mito greco, il fiume degli Inferi percorso da Ulisse disceso a consultare l’oracolo dei morti circa il suo ritorno in patria. Ciò significa che il nostro Tartaro fu così battezzato da genti greche che giunsero a Isola della Scala e che vi ambientarono un mito tanto caro al loro immaginario: la leggenda di un viaggiatore come loro stessi, giunto in un paese di nebbie, di paludi, senza colli soleggiati e del tutto privo dei paesaggi che essi ammiravano nelle colonie greche della Sicilia e della Magna Grecia. Un luogo, dunque, il nostro che evocava ai navigatori greci scenari e paure del mito di Ulisse, gli Inferi, l’Erebo oscuro (il paese della notte eterna), la paura di rimanere inghiottiti nelle paludi di una pianura troppo uguale e monotona. Una pianura che, però, significava passaggio di ricchezza! Probabilmente la grande palude che al tempo dei Greci si stagliava a Isola della Scala, e che ancora oggi esiste, ha contribuito a fissare nell’immaginario la presenza di un antro degli Inferi che si pensava fosse posto sotto di essa, a fianco del Tartaro. Forse questa palude mantiene ancora intatti i suoi più antichi misteri? Forse nella coltre di fango sotto lo specchio d’acqua si cela il ricordo dei mercanti greci che cercavano di accapparrarsi un po’ di ricchezza rischiando la vita come i cercatori d’oro approdati nei fiumi dell’America all’inizio del secolo? Non lo possiamo sapere con certezza, ma se per i Greci il mito traduce la storia culturale, come è sempre stato, tutto l’indurrebbe a pensarlo. Suggestivo è che Isola della Scala ospitasse una ‘cultualità infernale’ ispirata al mito di Ulisse, più vivo che mai…


Bibliografia essenziale:

BRACCESI L., “GRECITA’ DI FRONTIERA. I PERCORSI OCCIDENTALI DELLA LEGGENDA“, Esedra Editrice, Padova, 1994.
BRACCESI L. e ROSSIGNOLI B., “ELLENIKOS KOLPOS” in SUPPLEMENTO A GRECITA’ ADRIATICA, Roma, 2001.