Canzone del 1796

Canzone scritta nel 1796 dai “Putti della pia Unione di S. Luigi Gonzaga”
e dedicata a Giuseppe Calliari Fantinelli (abate di Isola della Scala dal 1778-1828).

Questa Canzone, scritta in occasione della prima messa del curato Don Domenico Filiberi, è formata da sette strofe di tredici versi e da una terzina che chiude il componimento.
I versi di ciascuna strofa presentano lo stesso metro ABC ABC CDE EDFF; quello della terzina è ABB.
Vi sono numerose figure retoriche del suono, quali assonanze, allitterazioni, rime ripetute e baciate che conferiscono musicalità alla canzone.
In particolare sono baciate (o accoppiate) le rime negli ultimi due versi di ogni strofa.
Evidente la reminiscenza letteraria nel primo verso che è la ripresa del verso petrarchesco che dà il titolo al celeberrimo componimento del Canzoniere.


PER LA PRIMA MESSA CHE IL MOLTO REVERENDO SIGNORE D. DOMENICO FILIBERI CANTA SOLENNEMENTE NELLA VEN. PIEVE DI S. STEFANO D’ISOLA DELLA SCALA
CANZONE, DEDICATA AL DISTINTO MERITO DEL NOBILE E REVERENDISSIMO SIGNORE D. GIUSEPPE CALLIARI FANTINELLI ABATE DELLA SUDDETTA CHIESA.

VERONA
1796


Chiare fresche e dolci acque
Del mio Tartaro altero,
Sulle cui rive ancor cantando io vegno:
Quella cetra che tacque
Ben più di un lustro intero
Scherzo dell’aure appesa al vicin legno,
Deh non vi prenda sdegno
Se ora mi reco al collo.
Alto e nobil subbietto
Disio mi desta in petto
Agli ameni tornar studj di Apollo.
Così voi fate al mio
Canto tenor col basso mormorio.

Candida e assai più bella
Luce oggi ammanta il Cielo,
E il Sol brillando splende oltra il costume.
In questa parte e in quella 
Punte di ardente zelo
Offron mille alme a gara inni al gran Nume.
Pien di celeste lume,
Anzi di un divin foco;
Ricco di vaga vesta
Di schietto oro contesta
Sorge del Tempio al più sacrato loco
Novo Ministro, dove
Niun piè profano il passo ardito move.

Chi sa ridirmi intanto
Tutti i focosi inviti,
E i puri di quel cor santi desiri;
Ei potria dir pur quanto
Ne’ bei prati fioriti
D’erbe nascenti april fecondi e miri.
Li teneri sospiri,
Ch’escono poi si spesso
Tenta narrar invano
Debile ingegno umano.
Qui 1’Angel forse e il Serafino istesso,
Che i caldi affetti intende.
Nella scola d’Amor nove arti apprende.

Ma ecco in alto sale
Di biondi arabi incensi
Grato-olezzante leggier nuvoletta,
Che quasi avesse l’ale
Sormontando gl’immensi
Spazj dell’aer al del poggiar s’affretta.
Tu la diresti eletta
Messaggera felice
Per recarvi i devoti
Di lui fervidi voti,
E quanto nel suo cor, tacendo, Ei dice
Oh quai voci son quelle!
Parlan forse così sovra le stelle.

Dietro i sensi del core
Apresi il labbro anch’egli
Ai più che umani poderosi accenti:
Già ascolta il santo Amore,
E la virtù ch’Ei diegli
Oh quai rinnova intanto alti portenti!
Taccia, né più rammenti
Ora Israel de’ suoi
Duci i gran vanti e l’opre
Altri prodigi scopre
Fede per man di quel Ministro a noi.
Un Dio sceso dai Cieli
Sotto umili si asconde azimi veli.

Altro è ben ciò che un rivo
Di cristallini umori
Trar con la verga da una selce antica:
E a popol duro e schivo
Su i mattutini albori
Coprir di Manna la campagna aprica.
Quell’Ara augusta il dica.
Oh qual serba e dispensa
Sotto l’ombre del vino
Liquor almo e divino!
Oh qual pan ci nutrica a quella mensa!
Tocchi per sì gran dono
Li Spirti in Ciel di bella invidia sono.

Ma qual pensiero adesso
Dolce insieme ed amaro
Nella memoria risvegliarsi intendo?
Sù quell’Altare istesso,
Sei lustri omai passaro,
Venni qual Tu di belle fiamme ardendo.
Ma se ora al core io scendo
Quasi di ghiaccio il trovo.
Deh dunque un voto almeno,
Se pietà senti in seno,
Porgi per me là sù quell’Ara, e un novo
Foco così m’impetra,
Che ancor riscaldi questo cor di pietra.

Canzon alle natie valli ormai torna;
Che mal per te si puote
Alto soggetto ornar con basse note.

In argomento di umilissima stima ed ossequio li Putti della pia Unione di S. Luigi Gonzaga.


Al link seguente è possibile scaricare il testo originale in formato PDF, dedicata all’Abate Giuseppe Calliari Fantinelli