Cardinale Giulio Bevilacqua

a cura di Filippo Bonfante

Nacque a Isola della Scala, in contrada piazza al numero 502 (oggi via Gracco Spaziani n° 8), il 14 settembre 1881 da una famiglia di commercianti provenienti dalla trentina Val di Ledro. A Isola egli trascorre un’infanzia serena, educato “nelle linee severe di una famiglia tradizionale”. Più tardi rievocherà quegli anni vissuti “nella campagna veronese dove cominciavano a muoversi le masse miserabili di contadini, perseguitate da una tragica povertà, colpite da pellagra e colera, costrette all’emigrazione dallo sfruttamento del capitalismo agrario”. Qui frequentò le scuole elementari, ma già nel 1889 con la famiglia si trasferisce a Verona, dove frequenta il ginnasio-liceo Maffei e partecipa ai fermenti di vita cristiana e alle lotte sociali sotto la guida di mons. Manzini. Studiò all’Università di Lovanio, in Belgio, dove si laureò nel 1905 con una tesi, assolutamente nuova a quei tempi, sulla legislazione operaia in Italia. Nello stesso anno entra nell’Istituto “La Pace” dei Filippini di Brescia, città che sarà per lui come una seconda patria. Divenne sacerdote nel giugno 1908. Nel frattempo proseguiva la sua attività di apostolato tra i lavoratori e gli studenti, insegnando col Vangelo la consapevolezza dei propri diritti di uomini e di cittadini, partecipando alle associazioni degli intellettuali e dei giovani e organizzando, tra le perplessità di molti, le associazioni operaie femminili e le scuole di lavoro; una di queste fu istituita anche a Isola della Scala, tenuta dalle suore della Misericordia presso l’Asilo. Inoltre fondò un patronato studenti e si adoperò per la diffusione degli oratori con attività creative e sportive. Allo scoppio della grande guerra viene mandato al fronte, dove gli viene affidato il servizio di soccorso ai feriti nelle trincee dell’Ortigara. L’esperienza della guerra lo segnò profondamente. Ebbe a dire di essa che è “crisi di dignità, notte di miseria umana, follia e abisso di dolori, è un inferno inutile”. La denuncia più categorica la riserva al fascismo: per la sua violenza e dottrina, per lo stravolgimento dei valori. Il fascismo, diceva, non è solo dittatura civile; è una forza anticristiana: come si può venire a patti con esso? Ben presto egli dovette infatti subire gli attacchi dei fascisti. Per sfuggire al confino si rifugia prima a Verona e poi in Vaticano, dove rimane dal ’28 al ’32. Durante questo periodo vive in casa di Mons. Montini, il futuro papa Paolo VI, con cui stringe una profonda amicizia. Nel 1929 Torna a Isola per predicare le missioni. Tornato nel ’32 alla sua Congregazione, scrive articoli sulle riviste Humanitas, Studium e sulla rivista nazionale dei maestri Scuola Italiana Moderna, raccogliendo poi i suoi scritti in una serie di libri che diventano guida a laici e sacerdoti. Nel 1940, quando l’Italia entra in guerra, decide di partire come cappellano militare, per essere coi giovani che vanno a morire sui fronti. Definisce la guerra “un’apostasia da Cristo”, in cui l’umanità sta salendo il suo calvario con la sua croce spaventosa. Compie più di venti missioni, raccogliendo morti e feriti su una nave ospedale. Congedato nel ’43, torna alla sua Isola, ma dopo l’8 settembre deve imbarcarsi di nuovo verso Brindisi, dove s’erano rifugiati il re e il governo. Celebra una messa davanti all’alto comando e ai reali, pronunciando un commento al passo evangelico “beati coloro che piangono” che non sarà gradito dalle autorità. Alla fine della guerra può tornare a Brescia, dove la sua vita si svolge all’insegna della predicazione e della pastorale liturgica. Viene chiamato in tutta Italia, ed anche in Francia, dove conosce Jean Guitton, il solo laico autorizzato a partecipare alla prima sessione del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, che lo chiamò ‘uomo del tutto straordinario, una delle colonne della Chiesa e del Concilio’. Prosegue la sua instancabile opera di animazione in un quartiere periferico della sua città, dove si ferma per sedici anni preoccupandosi, come sempre, soprattutto dei più poveri. Per la sua esperienza viene chiamato a Roma nella Commissione preparatoria del Concilio Vaticano II. Divenuto papa, il suo amico Montini non intende rinunciare alla sua collaborazione e, nel 1965, all’età di 84 anni, lo crea cardinale, titolo che egli accetta con umiltà, pur chiedendo di poter continuare a essere parroco fra la sua gente. Intanto il male cominciava a farsi sentire: il Venerdì santo svenne in chiesa. Il giorno di Pasqua volle celebrare l’ultima Messa ai suoi fedeli. All’abate don Antonio Ceriani disse: si ricordi di baciare per me il fonte di Isola della Scala, dove sono stato battezzato. Morì il 6 maggio 1965, mentre recitava il Salve Regina.

Lapide posta sulla facciata dell’abitazione in via Gracco Spaziani n.8


La presente biografia è stata redatta avvalendosi dell’articolo di Vittorino Stanzial apparso nel mese di aprile 2000 sulla “Voce” e della pubblicazione “Isola della Scala e il CARDINALE GIULIO BEVILACQUA” realizzata a cura del Comune di Isola della Scala nel 1981, centenario della nascita. La foto è tratta da: “Isola della Scala, una comunità ecclesiale in cammino” a cura della Parrocchia di Isola della Scala del marzo 1969.