Nel 2004 si sono conclusi i lavori per la ricostruzione del nuovo cinema teatro “Cap. Bovo”. Riteniamo opportuno riportare la scheda su questo illustre personaggio che il prof. Mario Modena pubblicò sulla Voce del Basso Veronese nel novembre del 1984
Passando davanti al Teatro Parrocchiale di Isola della Scala e leggendo la scritta “Cinema-Teatro Cap. Bovo” molti isolani delle ultime generazioni si saranno chiesti chi fosse il personaggio a cui era stato, a suo tempo, intitolato, nel centro cittadino, questo pubblico edificio. Tale domanda me la sono più volte posta anche io per cui volli interessarmene; ebbi modo di conoscere la persona del Cap. Bovo attraverso informazioni avute da parenti e da concittadini a lui coetanei. Dalle notizie raccolte ne uscì una singolare figura d’uomo che, per la nobiltà del suo animo, per probità di vita e per l’impegno profuso in molteplici attività benefiche, merita giustamente di essere annoverato tra i personaggi che maggiormente hanno dato lustro al nostro paese.
Luigi Bovo nacque ad Isola della Scala il 6 Dicembre 1884, secondogenito e primo maschio di una famiglia di nove figli. Fin da giovane manifestò una vivace intelligenza ed una grande passione per gli studi. Ebbe grande familiarità con la letteratura ed in particolare con i testi classici di cui era fornitissima la biblioteca della madre, Elisa Avogaro, donna eccezionale, ricca di imgegno e di cultura che esplicò ad Isola della Scala una lunga e preziosa attività didattica, dapprima come insegnante e quindi, per molti anni, come direttrice didattica.
Il padre gestiva una modesta azienda di calzature nella quale prestò la sua opera, solo per alcuni anni, il figlio Luigi. Questi venne in seguito chiamato a prestar servizio militare e quindi, dopo il congedo, si dedicò agli studi per conseguire, da autodidatta, il diploma di ragioniere.
Giovane di squisita sensibilità, guidata da un carattere adamantino, si distinse subito per grande forza di volontà congiunta a rara modestia per cui si fece ben stimare e ben volere da tutti, pur essendo di carattere schivo e riservato. Per le sue particolari doti intellettuali e morali ottenne l’incarico di Agente Generale della Società Cattolica di Verona e successivamente ne divenne ispettore ad Este e Alba e quindi nella città di Udine.
Scoppiato il conflitto mondiale del 15-18, partì per il fronte e partecipò, sempre in prima linea, a molte azioni militari. Per il suo valore fu più volte decorato e venne pure insignito, sul campo, di un particolare titolo di “Cavaliere per meriti di guerra” dalle mani stesse del Duca d’Aosta. Partito con il semplice grado di sergente, ritornò con la nomina di capitano, tanto fu la sua personale partecipazione alle azioni belliche nelle quali rivelò coraggio e forte spirito patriottico.
Ritornato dal fronte, con uguale intraprendenza e dinamismo, si occupò di problemi sociali ed economici partecipando attivamente alla vita pubblica non tanto per ostentazione quanto per profonda convinzione personale. A tale scopo fondò ad Isola della Scala una Cassa Rurale ed una Cooperativa per Piccoli Proprietari e diede pure inizio ad una Società di Sementi Agricole la quale, col tempo, andò sempre più sviluppandosi ed è tuttora fiorente.
Ma Luigi Bovo quale uomo di profonda fede e di indiscussa moralità, si interessò in modo speciale di problemi e di attività religiose, dimostrandosi un solerte e vivace propugnatore degli ideali cristiani, specie tra i lavoratori e in mezzo alla gioventù. Come cattolico diede esempio costante di una vita intemerata. Militò nelle file dell’Azione Cattolica e la sua fu presenza attiva, fatta di impegno, di costante ed indefesso lavoro, per cui venne, in seguito, nominato Presidente Diocesano, carica nella quale si distinse per abnegazione e notevole impegno.
Cooperò sempre attivamente con i sacerdoti della Parrocchia, seguendone gli indirizzi e sostenendo ogni iniziativa, aiutandoli anche finanziariamente per le loro realizzazioni. Tra l’altro, essendo, in quel tempo, molto agitato il problema delle vocazioni sacerdotali, il rag. Luigi Bovo s’impegnò a versare mensilmente la retta per alcuni seminaristi isolani che, in seguito, divennero sacerdoti zelanti ed alcuni anche eminenti prelati che ricoprirono posti di grande responsabilità nella Diocesi veronese. In effetti la sua fu una testimonianza di cristianesimo vissuto in ogni espressione sia nel campo strettamente religioso sia in quello sociale e politico. Una persona di così grande prestigio, un uomo di preclare e non comuni virtù meritava invero una lunga vita. Invece, nel pieno delle sue energie, venne stroncato da una violenta bronco-polmonite che in breve lo portò alla tomba.
E ciò avvenne proprio in quel terribile inverno del 1929 quando, su tutta la Penisola, imperversò un freddo intenso con abbondanti nevicate. Era l’11 febbraio, giornata storica per i Patti Lateranensi che segnarono la Conciliazione tra Stato Italiano e la Chiesa.
Nell’Abazia di Isola della Scala si stava celebrando il Trigesimo della morte del compianto Abate don Padovani. La chiesa era gremita di fedeli ma, a poco a poco, molti, per il gran freddo, se ne andarono finchè nel tempio rimasero solo i sacerdoti con alcuni coraggiosi. Uno di questi, come ebbe a confidarmi una persona, fu proprio il Capitano Bovo, il quale, uscendo tutto infreddolito, ebbe ad esclamare:”Sono andati via tutti! Dentro sono rimasto io solo con i preti!”.
Sarà stata una mera coincidenza, comunque tale circostanza gli fu fatale.
Dovendo infatti recarsi successivamente a Verona, come di consueto, per il mercato del lunedì, il rag. Bovo si buscò una seconda grossa infreddatura che, in seguito a gravi complicazioni, lo ridusse in fin di vita.
La morte sopravvenne la notte del 23 febbraio 1929 all’età di soli 44 anni. Grande fu lo strazio dei familiari e in modo particolare della madre, della moglie e della tenera figlia Maria. Ma la immatura scomparsa venne vivamente compianta anche da tutta la cittadinanza, in modo particolare dai giovani che vollero vegliarne la care spoglie giorno e notte e onorarlo nell’estremo saluto recandone la bara a spalle fino al cimitero, tra la commozione generale. E fu un vero peccato che un uomo, nella sua piena maturità, virilmente preparata, venisse rapito non solo alla famiglia ma all’intera comunità quando prometteva un avvenire ricco di frutti copiosi, di grandi speranze e di sicuro successo anche nel campo politico, dove già si ipotizzava per lui una brillante carriera parlamentare ed una posizione sociale delle più invidiabili.
La sua figura rimase così impressa ed il suo ricordo così vivo che, dopo breve tempo, quando, per iniziativa dell’Abate Fontana, venne costruito, a fianco della chiesa, l’attuale Teatro Parrocchiale, per l’unanime consenso, l’edificio venne intitolato proprio al suo nome. Fu solennemente inaugurato agli inizi del ’31 e in quella occasione venne invitato un illustre prelato, Mons. Manzini, che, con la sua smagliante oratoria, tenne il discorso ufficiale. In seguito il teatro venne ampliato e ancor oggi utilizzato per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, come pure per manifestazioni culturali e per incontri e conferenze educative e formative con notevole vantaggio dell’intera cittadinanza. Fu quindi una decisione quanto mai giusta ed opportuna che questo edificio fosse intitolato al Capitano Bovo e ciò non solo per il considerevole contributo finanziario che egli volle lasciare per tale opera, ma soprattutto per ricordare alla futura popolazione isolana la sua benefica attività, la generosità e nobiltà del suo animo e le sue spiccate virtù di cittadino e di cristiano.
Mario Modena
Nell’ottobre del 2016, in occasione della 50° edizione della Fiera del Riso l’Ente Fiera di Isola della Scala in collaborazione con la locale sezione dell’Associazione Artiglieri d’Italia ha organizzato una mostra dedicata al Capitano Luigi Bovo intitolata Un cittadino isolano, un soldato italiano; la mostra è stata incentrata sul periodo 1915-1918 che ha visto il Capitano Bovo in prima linea durante la guerra. In tale occasione è stato anche presentato il libro “Sulle Tracce del Capitan Bovo, Cittadino di Isola della Scala e combattente nella Grande Guerra” scritto da sua nipote prof. Franca Vicentini.