Relazione sulla costruzione dell’Abazia Santo Stefano

Interno dell’Abbazia in una cartolina d’epoca del 1903

La costruzione dell’attuale Abazia, dedicata a Santo Stefano, rappresentò per la comunità isolana un’impresa immane in termini di sforzi fisici, di tempo e anche di danaro. Nel 1575 il parroco Maffeo Albertini decise di intervenire sulla vecchia parrocchiale in quanto bisognosa di urgenti interventi sulle strutture. Una volta iniziati i lavori, ci si accorse che la situazione era assai precaria tanto che si prese la decisione di abbatterla per realizzare una nuova chiesa parrocchiale. Così si legge nell’atto redatto da Hercole Guzzardi notaio del comune:
[…] si trovò le travature esser marce nelli muri et alcune fuori di opera: talchè in pochissimo tempo era per rovinar adosso al Popolo. Volendo anco il resto delli muri riconoscer, si trovò esser fatti di bottolami con pochissimo fondamento: e fu costretto detto comune per necessità espressa rinnovar tutte le muraglie di essa.1
Il costo complessivo da sostenere per l’impresa edificatoria era stato quantificato in tremila ducati. La posa della prima pietra avvenne venerdì 25 aprile 15782, festa di San Marco Evangelista e i lavori si protrassero per 41 anni fino alla solenne consacrazione, avvenuta giovedì 25 luglio 1619. La realizzazione della struttura muraria durò circa 12 anni, come ricorda l’iscrizione posta sopra l’arcone principale. In quel periodoi il sacro edificio veniva già utilizzato per la celebrazione delle messe, come testimonia l’iscrizione posta sopra la bussola di ingresso a ricordo della messa celebrata dal Vescovo Agostino Valier in occasione del passaggio da Isola della Scala della sovrana Margherita d’Austria. Il lungo periodo che si dovette attendere prima della consacrazione è, pertanto, dovuto alla conclusione dei lavori interni di abbellimento. L’edificazione fu lunga e sofferta e la lettura di una supplica del Comune al vescovo ci permette di comprendere come le vicende odierne, relative alla costruzione di opere pubbliche, ricalchino quelle passate e come la storia non ci insegni nulla. In questa supplica si parla, infatti, di ingordigia dei murari che bestemmiano e imprecano, di aumento sconsiderato dei costi di realizzazione, che dopo quattro anni sono già raddoppiati3 con la chiesa completata solo per metà, di dilatazione dei tempi, in quanto occorreranno altri 37 anni per completare la parte restante, di volontà di cambiare la ditta che stava realizzando i lavori in quanto inadeguata; si parla inoltre di promesse mai mantenute in termini di sostegno economico all’opera da parte dell’Abate.


Riportiamo la supplica che il Comune invia al vescovo nel 1582, quattro anni dopo l’inizio dei lavori:

[…] alcuni volevan trar sopra di loro la spesa con dir che con 4 o 5 millia ducati haveria mandato a perfetion l’opera, la quale spesa, fin qui, come si vede non ancor meza, è riuscita in 8 millia ducati. Ma conosciuti certi esservi andati per l’insolentia et ingordigia dei murari, li quali senza charità alcuna hanno consumata la maggior parte sotto terra, contra il giudicio de’ savi periti, e di sopra terra ancho malamente, come si vede, habbiamo deliberato più tosto lasciarla imperfetta che mai più costoro venghino a mettervi mano, essendo noi certi che le crudel biasteme e renegationi et imprecationi male di tali murari habbino causato tutto questo disordine e così, indegni di seguitare tale opera, intendiamo che siano espulsi e questa per gratia singulare si supplica a V.S. Rev.ma e che, per favor, di questi murari la non voglia ascoltar alcuno ne astringer noi in contrario di questa nostra iusta deliberatione. Et nonostante che tal strapazamento di sangue di questo populo in tal fabrica per causa di detti murari sia consumata tutta la intrada della istessa fabrica et impegnato ancho gli stabili propri del comun, talmente che più non vi sia del pubblico si possi valere, nondimento per non haver butado via quanto si ha fatto, noi dicemo a V.S. Rev.ma che, levati detti murari, noi siamo pronti del proprio particularmente agiutar la perfetion sua, sì per honor del nostro Signor Dio come per comodo nostro […].

In un’altra supplica, relativamente alle promesse dell’Abate a contribuire alle spese per la costruzione, si legge4:

[…] il qual (abate) per il passato ha dato buone parole ma no dinar et hora totalmente nega di dar soccorso né sussidio alcuno con tutto che sia adotata la Pieve di grossissima intrata […] e dice non voler dare cosa alcuna se non se le fa conoscer che sia obbligato dalla leze.


A onor del vero il Garzotti “scagiona” l’abate Maffeo Albertini dall’accusa di non voler concorrere alle spese per la costruzione segnalando che nel 1581 fece una donazione di 100 ducati5.
Nonostante tutte queste avversità l’Abbazia, che oggi ci appare in tutto il suo secolare splendore, venne portata a compimento e l’enorme soddisfazione della comunità è testimoniata dalla presenza dello stemma comunale in numerosi punti all’interno della chiesa.


(1)Garzotti P., Le Pievi della città di Verona e la Pieve d’Isola della Scala, Merlo, Verona, 1882, pag. 73.
(2)Ivi, pag. 68
(3)Chiappa B., SANTO STEFANO DI ISOLA DELLA SCALA, una parrocchia attraverso i tempi, pubblicato a cura della parrocchia di Isola della Scala, Verona, 1979, pag. 43.
(4)Ivi, pag. 44
(5)Garzotti P., Op. cit., pag. 74